Lumumba – 50 anni dalla sua morte


Lumumba, l’africano che guardava a Rousseau

di Daniele Barbieri

Ci sono voluti 42 anni perchè il Belgio riconoscesse che dietro l’assassinio di Patrice Lumumba c’erano «alcuni membri del governo di allora». Il 17 gennaio sono 50 anni esatti dalla sua morte. Sarà ricordato in molte città (una porta oggi il suo nome: Lumumbashi) del Congo come in altre parti dell’Africa. La sua storia ha molto da dirci anche oggi perchè il colonialismo e il saccheggio del Terzo Mondo non sono mai cessati, hanno solo mutato volto e metodi.
Non è un Paese povero il Congo come si è sentito dire anche di recente da un giornalista italiano che chissà se lo confondeva con il piccolo Togo o con il Gabon. Anzi, è uno dei Paesi più ricchi al mondo per risorse naturali. «Uno scandalo geologico» fu definito: diamanti, foreste, oro, uranio (proprio quello usato per le prime atomiche), rame, cobalto, radium, zinco fino al coltan che, pur se i profani non lo hanno mai sentito nominare, muove oggi settori importanti dell’economia globale e causa guerre con milioni di morti.
Un grosso affare per re Leopoldo del Belgio avere il Congo come «possedimento personale». Nel passaggio fra ‘800 e ‘900 sono 10 milioni – quasi metà popolazione – i congolesi morti come schiavi nella raccolta del caucciù o nella repressione delle rivolte. Uno dei più famosi scrittori del mondo, Mark Twain, fatica a trovare editori quando scrive Soliloquio di re Leopoldo, un durissimo atto d’accusa. E’ il 1905. Tre anni prima esce Cuore di tenebra di Joseph Conrad che si chiude con la famosa frase di Kurz «sterminate quelle bestie» a ben sintetizzare la missione civilizzatrice della “razza” bianca. Il termine genocidio allora non esiste ma è al sistematico massacro di quei “non-umani” che Kurk si riferisce.
Le accuse internazionali contro Leopoldo lo costringono a una retromarcia, meglio a un gioco di bussolotti: rinuncia al “suo” possedimento per cederlo al Belgio. I genocidi continuano. Quando nasce (il 2 luglio 1925) Patrice Lumumba le “bestie” congolesi non hanno alcun diritto. Nel 1950 su 14 milioni di persone solo 1500 vengono considerate “evolute” cioè hanno un libretto che riconosce loro una sorta di (pur dimezzati) diritti. Il giovane Lumumba si forma su Rousseau ma anche su Jacques Maritain e sulle voci dell’orgoglio africano come Senghor. Inizia a guardare verso un «Congo unito in un’Africa unita» e questo sarà poi uno dei suoi slogan.
Inizia il suo impegno politico, subisce un primo arresto e nei primi mesi del 1958 si trasferisce nella capitale Leopoldville (oggi Kinshasa). Dà vita al Mnc (Movimento nazionale congolese) che esige l’indipendenza subito attraverso negoziati pacifici e il rispetto dei diritti dell’uomo. Lumumba è quasi uno sconosciuto quando va alla Conferenza panafricana di Accra ma ne esce da leader. Dato che il Belgio fa orecchie da mercante, in Congo iniziano manifestazioni e rivolte. Si chiede l’indipendenza entro il 1961 e si annuncia la «non collaborazione» a oltranza. Le truppe belghe sparano: centinaia i morti. Lumumba viene arrestato e condannato a 6 mesi di carcere.
Finalmente il 22 maggio 1960 si vota: Lumumba è eletto, il suo movimento conquista quasi un terzo dei voti. Così il 30 giugno re Baldovino dichiara l’indipendenza del Congo e Lumumba diventa capo del governo. Ha già detto in più occasioni che non si riconosce in nessuno dei due blocchi ma nel movimento dei “non allineati”.
Ma le compagnie minerarie belghe d’intesa con la Cia (lo si legge oggi nei documenti statunitensi non più segreti) hanno già preparato la secessione del Katanga, una delle regioni più ricche. La indipendenza congolese diventa un elemento centrale nel nuovo scacchiere internazionale. Il 14 luglio 1960 l’Onu chiede l’allontanamento delle truppe belghe e affida al suo segretario, Dag Hammarskjold, il compito di collaborare con il governo congolese. Mentre il kaos cresce e la Cia vuole “sbrigare” la faccenda prima che entri in carica il nuovo presidente (John Kennedy del quale i “servizi” non si fidano) Hammarskjold – dopo qualche incertezza – si schiera con decisione per una vera indipendenza del Congo. Pagherà con la vita, come Lumumba, la sua onestà. Dell’assassinio di Lumumba si saprà con un mese di ritardo: le immagini di quell’uomo legato fanno il giro del mondo. Solo dopo molti anni si saprà che sono i ribelli, con la complicità di militari belgi, a bastonare Lumumba, finirlo a colpi di baionetta e poi sciogliere il suo cadavere nell’acido.
Qualche mese dopo tocca ad Hammarskjold: il 18 settembre l’aereo che lo porta in Congo, a una nuova conferenza di pace, cade; solo nel 1992 una inchiesta dirà che fu sabotato, probabilmente da agenti statunitensi per conto dell’Union Miniere belga.
Non ci resta molto degli scritti di Lumumba: qualche poesia e un paio di discorsi. Probabilmente a costargli la vita fu quello del 30 giugno, giorno dell’indipendenza, pronunciato davanti al re belga: Baldovino si aspettava ringraziamenti e umiltà non certo che gli venissero ricordati 80 anni di «lavoro spossante in cambio di salari che non ci permettevano di sfamarci», 80 anni di «ironie, insulti, colpi perchè eravamo negri», 80 anni di sparatorie, ingiustizie, oppressioni, sfruttamento.
Dopo la morte di Lulumba – e l’ammonimento all’Onu – il Congo precipita nel kaos, poi – dal 1965 – in una lunga dittatura, la “cleptocrazia” di Mobutu che in 32 anni renderà grandi servigi (cioè soldi) a Belgio, Francia e Usa mentre impoverisce sempre più i congolesi.
Solo alla fine degli anni ’80 i riflettori dell’informazione mondiale tornano ad accendersi, per qualche attimo, sul Congo acccennando a due guerre che squassano il Paese finendo per coinvolgere mezzo continente con 4 milioni di morti mentre (le cifre sono di Amnesty International) altri 16 milioni sono vittime di violazioni, privi di alimenti sufficienti o di farmaci, costretti alla fuga. Nel “cuore di tenebra” ancora una volta a tirare i fili sono i nuovi Kurz. I rapporti delle Nazioni Unite (resi pubblici solo in parte) indicano nella guerra per il coltan, finanziata dalle compagnie occidentali, le vere ragioni di questa tragedia che i media scelgono di non raccontare.
Nel 2006 torna un po’ di pace nel Congo e finalmente si tengono elezioni libere ma sembra solo una tregua: nelle zone minerarie continuano gli scontri e soprattutto lo sfruttamento. Il Congo è sempre più povero perchè le sue ricchezze vengono saccheggiate senza tregua.
A proposito del “mea culpa” prima citato del governo belga è interessante notare che è avvenuto solo su pressione dell’opinione pubblica choccata prima per il film Lumumba (in Italia non ha quasi circolato) del regista haitiano Raoul Peck, poi per un libro di Ludo De Witte che, partendo da documenti segreti de-classificati, ha inchiodato compagnie minerarie e potere politico dell’epoca alle loro responsabilità.
Frantz Fanon, un grande intellettuale caraibico di nascita e algerino di elezione, aveva scritto: «se l’Africa fosse raffigurata come una pistola, il grilletto si troverebbe in Congo». Una profezia che si è avverata per Lumumba e continua a pesare anche dopo 50 anni.

Liberazione 17/01/2011


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *