Voglio ringraziare gli organizzatori e i relatori di “Liberamente l’Arte”, per la
serata del 12 luglio all’interno della Festa democratica di Volterra: un dibattito a mio parere intelligentemente stimolante e politicamente opportuno, moderato con viva partecipazione da Sergio Borghesi.
Vecchio cittadino, volterrano nuovo e antico cronista, ho ascoltato con interesse crescente gli interventi dello psichiatra Remigio Raimondi, appassionato protagonista della chiusura del manicomio. Del regista Paolo Benvenuti, autore di alcuni tra i migliori e più misconosciuti film-documento sulla storia d’Italia. Dellla dirigente di Rifondazione Eleonora Fiorenza, la più giovane fra i partecipanti ma non la meno sacrosantamente arrabbiata. Del docente universitario di Siena Massimo Bignardi, napoletano innamorato del paesaggio e della dignità della Toscana. Insomma, quattro “provocatori” le cui analisi, critiche e proposte hanno portato una ventata di aria fresca e invitato a sanamente allargare lo sguardo oltre la gloriosa ma ristretta triplice cerchia delle mura cittadine. A uscire dall’angustia meschina delle beghe municipali. A recuperare la volontà e a costruire la capacità di collegarsi alle realtà esterne. A ricordare il passato per recuperarne le esperienze e i valori vitali.
Seduto fra il pubblico c’era Mauro Staccioli. Non ha parlato ma la sua presenza di volterrano doc insieme cittadino del mondo sottolineava la verità e la praticabilità di quegli inviti.
C’era pure l’ex senatore ed ex sindaco Giovanni Brunale, che ha invece parlato. S’è ricollegato al remoto mitico evento di Volterra ’73, rammentato da alcuni relatori. Ha rimpianto la lungimiranza delle amministrazioni di allora e recriminato la pochezza di quella attuale. Ha accennato, bontà sua, alla possibilità di qualche autocritica a sinistra, ma neppure sfiorando l’appoggio di una quindicina d’anni fa allo sciagurato progetto di una discarica che avrebbe irrimediabilmente offeso proprio quel paesaggio costitutivo dell’identità del luogo.
Dal ’73 al 2010 sono passati 37 anni: molto più di 400 mesi, di cui poco meno degli ultimi disastrosi 15 gestiti dalla destra: la responsabilità del lungo declino è tutta e soltanto loro? Trentasette anni fanno una generazione e mezzo ma giovani e adolescenti quasi non ce n’erano al dibattito, a parte le vivaci giovani donne dell’organizzazione: anche queste assenze hanno dei responsabili e vanno messe nel conto.
In conclusione, mi sembra che la serata del 12 abbia indicato strade chiare e possibili verso un “Che fare?” nuovo e diverso. Strade aperte a chiunque voglia e sappia percorrerle con impegno e umiltà, inclusi gli ex delle variegate sinistre.
Giorgio Pecorini